Gli ultimi anni sono stati contrassegnati da uno straordinario accumulo di crisi e accelerazioni storiche, tra una crisi economica infinita, la pandemia da Covid 19, l’aumento repentino delle guerre e il loro manifestarsi in Europa e nel Mediterraneo, l’impennata della digitalizzazione, la transizione senza fine all’interno del multipolarismo globale, l’approfondirsi della crisi climatica, le vecchie e nuove forme della violenza patriarcale e razzista, la radicalizzazione delle diseguaglianze, il ridefinirsi delle forme migratorie, degli spazi urbani, delle istituzioni politiche.
La nuova guerra mediorientale è un’ulteriore riprova di come la guerra si sia installata al centro della scena mondiale, con effetti evidenti su ogni terreno – con la diffusione di regimi di guerra in tutti gli ambiti sociali e nei processi economici, nonché con l’inevitabile compendio di rafforzamento dei dispositivi nazionalisti, razzisti e patriarcali. È questo, evidentemente, un tema che investe direttamente l’attualità e gli scenari delle lotte: la guerra agisce da moltiplicatore sulle tendenze in atto alla recessione economica, impone nuove priorità di spesa per i governi, comprime gli spazi di espressione e azione politica e sociale. Inoltre, quanto sta succedendo a Gaza e nell’area mediorientale non oscura in alcun modo – se non nelle cronache dei giornali – i problemi politici che la guerra in Ucraina ha aperto. Al contrario, li esaspera e li moltiplica, delineando scenari potenzialmente disastrosi di allargamento e sovrapposizione dei conflitti (mentre già letteralmente catastrofica è la condizione della popolazione palestinese a Gaza, da più di un mese sottoposta a devastanti bombardamenti e a un disegno di espulsione da quel territorio). Tuttavia, il sostegno alla realtà palestinese e la richiesta di un immediato “cessate il fuoco” hanno riempito molte piazze in tutto il pianeta, unendo sia mobilitazioni dalle periferie che agitazioni nelle università e blocchi nei porti. Un elemento di lotta su cui indagare.
Dentro questo vortice storico, continuano a manifestarsi numerosi movimenti e conflitti sociali, che tuttavia paiono al momento trovarsi in una fase di frammentazione e di impasse, particolarmente evidente in Italia. Questo non significa che non esistano molteplici forme di necessarie resistenze: quel che risulta tuttavia difficile è individuare traiettorie di offensiva per le lotte, capaci di sostanziare l’immaginazione e costruzione di nuovi mondi a partire dalla concretezza dei conflitti sociali e delle indicazioni che da questi conflitti emergono.
Ci pare dunque necessario provare ad aprire spazi di discussione che proprio sulle tendenze, sulle proiezioni future, e sulle possibilità di aprire nuovi scenari di lotte, provino a confrontarsi. Per questo motivo proponiamo la costruzione di un dialogo tra differenti percorsi e soggetti, che possano presentare la loro lettura attuale della congiuntura che stiamo vivendo, nella prospettiva di mettere a confronto analisi, strategie e scenari. A partire da una disponibilità al confronto, senza temere eventuali divergenze, chiediamo di provare ad elaborare un ragionamento che muova da esperienze specifiche per misurarsi tuttavia sulla cornice generale qui delineata.
Lo facciamo a partire da una serie di esperienze che si sono sviluppate a Bologna, ovvero in un contesto caratterizzato oggi da significative differenze rispetto ad altri territori italiani. Nell’ultimo anno, infatti, Bologna ha presentato caratteristiche in parte anomale rispetto alla generale difficoltà dei movimenti nel nostro paese, quantomeno a partire dal 22 ottobre del 2022, quando la grande mobilitazione “Convergere per insorgere” ha registrato una importante partecipazione di massa al di là delle aspettative. La scommessa politica di respiro nazionale di cui quella mobilitazione era parte si è rapidamente esaurita nel volgere di poche settimane, lasciando tuttavia intatta la necessità di praticare forme di insorgenza e di sperimentare convergenze. In città, in ogni caso, si è depositata ed espressa un’energia politica che ha portato nei mesi successivi al definirsi di tanti scioperi, una dozzina di occupazioni (abitative, giovanili, ecologiste, transfemministe), a lotte migranti e contro i CPR, a moltissime manifestazioni transfemministe e lgbtqiapk+, a conflitti ecologisti, a mobilitazioni mutualistiche come dopo l’alluvione di maggio, cortei sulla Palestina, e molto altro ancora. Bologna è dunque in qualche modo, per vari motivi (storici, sociali, politici, soggettivi…), una “bolla”, ma questa condizione può essere valorizzata e trasformata in una occasione. Siamo anzi convinte e convinti che un rinnovato dialogo tra questi percorsi possa elaborare elementi utili anche per altri contesti, a partire – è il caso di ripeterlo – da uno sguardo che punta ad andare oltre le necessarie pratiche di resistenza per individuare nuovi terreni di possibile offensiva delle lotte e di riconquista di un’immaginazione politica nella fase per molti versi terribile che stiamo vivendo.
Pensiamo insomma che, come si diceva il 22 ottobre 2022, e senza nascondersi limiti e problematicità, sia ancora tempo di convergere per insorgere – tra l’altro in un momento in cui l’importantissima lotta di GKN si trova in un momento di durissimo attacco e necessita di una forte solidarietà. In uno scenario mondiale segnato dalla guerra, come è possibile che percorsi radicati in uno specifico territorio metropolitano contribuiscano efficacemente a delineare un nuovo internazionalismo? Come possiamo pensare strategie e passaggi di lotta convergente che possano conquistare una durata nel tempo? Quali tendenze di vedono? Che prospettive si stanno definendo? Quali mobilitazioni possibili?
Ci vediamo il 23 novembre novembre alle ore 18 a Vag61 a Bologna per discutere collettivamente di questi temi.