Naked punk
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3 mesi fa
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Federico Montanari (UNIMORE, docente di Visual and media studies), ne parla con Gabriele Fantuzzi e Paolo Davoli, curatori del volume.

Naked Punk, l’ultima accelerazione del ‘900 messa a nudo (Rizosfera, 2023

Contro l’idea predominante che il punk sia stato un fenomeno esclusivamente musicale, Naked Punk propone una nuova genealogia del fenomeno, situata nel mondo dell’arte e, in particolare, in quelle forme estetiche estreme che propongono una cancellazione dei limiti tra condotte di vita e pratiche espressive. Visto da questa prospettiva visiva ed esistenziale, il punk assume più la connotazione del movimento artistico di rottura, simile al Dada e al Situazionismo. Al centro del divenire-punk come condizione generale del giovane proletariato urbano occidentale del tardo Novecento c’è dunque un nucleo diffuso di impronta visiva, una focalizzazione esplosiva di pensiero-artista e strafottenza anti-culturale che trae alimento sia dalle avanguardie storiche e performative del XX secolo sia dal mondo pop della grafica e della moda. Il divenire-arte del punk, con le sue pose anti-intellettuali, le noncuranze calcolate, le manifestazioni parresiastiche e le insolenze amorali, porta dunque a compimento una traiettoria già evidente nelle figure di rottura dell’arte moderna nelle quali l’evento performativo emancipa l’arte dall’opera d’arte stessa.

Gli artisti presenti nel libro, tra cui Alan Bermowitz (Alan Vega e Suicide), Roberta Bayley (Ramones e Richard Hell), Arturo Vega (Ramones), Helen Wellington-Lloyd e Jamie Reid (Sex Pistols), Malcolm McLaren e Vivienne Westwood (Sex e Seditionaries), Gee Vaucher (Crass), Linder Sterling (Buzzcocks, Ludus), Barney Bubbles (Generation X, Damned), hanno piegato, contraffatto, rielaborato l’arte del Novecento per trasformarla nella preziosa alleata estetica dell’attacco punk alle forme del sapere e alle forze del potere.