Il maestro di bouzouki Dimitris Kotsiouros terrà un seminario di musica rebetika a Camere d’aria- in via guelfa 40/4 angolo via delle ruote, Bologna- sabato 25 novembre ore 10.30-13.30 e 16.00 -1 9.30 e domenica 2 aprile ore 10.00 -13.00 con saggio finale aperto al pubblico alle 15.00.
Il seminario è rivolto a musicisti di ogni livello. Il costo è di €60/persona per l’intera durata del seminario e la prenotazione è obbligatoria entro il 24 novembre.
Nel seminario saranno affrontati i seguenti temi: analisi dei dormi (le scale) Maggiore, Rast, Houzam, Segkiah e attraverso brani che fungono da esempio e approccio alle scale sopracitate l’apprendimento delle ritmiche zeibekiko, aptaliko e hassapiko.
Il maestro Dimitris Kotsiouros, fondatore dell’ensemble di musica rebetika Evì Evàn (definito “il riferimento del rebetiko in Italia” dalla rivista settimanale Internazionale), attraverso concerti e seminari ha portato il rebetiko in tutta Italia contribuendo a diffondere la conoscenza di una musica che nasce dal cuore e la cui arteria passa per il bouzouki.
Rebetiko
Formula che per sua natura non è possibile costringere in una definizione univoca. Musica urbana – anzi suburbana – ma anche rappresentazione di una umanità eternamente sconfitta ed eternamente viva e vitale, il rebetiko si codifica agli inizi del ‘900 in modi molto simile al blues in Nordamerica e al tango in Argentina. Ma con tratti unici, a partire dalle sue forme musicali: che sono il libero e creativo incontro di oriente e occidente, con echi che viaggiano da Bisanzio all’India, dai canti della Grecia arcaica alle scale (maqam) persiani.
Le sue origini affondano nei ghetti delle città e nelle vicissitudini del sottoproletariato urbano. Nulla a che vedere con la musica rurale, delle isole o del folklore. Il rebetiko si suonava al buio delle taverne e della notte; si ballava senza sorridere; si consumava come uno stordimento dei sensi, accompagnato da vino e hashish.
Eʼ stato definito il blues ellenico perché non è solo un genere musicale, ma è prima di tutto un modo di affrontare lʼesistenza. Nel rebetiko si entra attraverso la porta stretta della povertà; attraverso uno stile di vita intrinsecamente anarchico dove il canto serve a esorcizzare la mancanza e a mettere in comune i propri dolori in un rito cui partecipano solo gli adepti del culto. Rebetiko, come il jazz delle comunità afroamericane degli inizi del Novecento, è ribellione, un desiderio insieme di affermazione e di perdizione. Un modo di vivere non convenzionale, finché cʼè ouzo, retsina e narghilé, poiché tutto il resto è andato perduto.
E sempre come il jazz, che si afferma fin da subito come una sintesi tra diverse culture musicali europee ed africane, rebetiko è una musica splendidamente contaminata dallʼhumus ottomano, dai francesismi, dal veneziano, dai ritmi balcanici, “sul crinale fra Occidente e Oriente, europea e anatolica”, ha scritto Moni Ovadia nella presentazione del disco dell’ensemble Evì Evàn Rembètiki Diadromì. É il “virus di una grecità eccentrica” che ha trascinato con sé ogni tipo di cultura esule e meticcia così come il jazz ha incorporato nel suo linguaggio il ragtime, il blues, la musica leggera e quella colta mescolandosi con tutti i generi musicali come il samba, i ritmi caraibici, il rock.
“Considero queste canzoni altrettanto belle, altrettanto profonde ed emozionanti dei più bei blues con i quali presentano dʼaltronde così tante somiglianze. Lʼunica, la sola grande differenza, è che le origini del blues sono rurali mentre il rebetiko da sempre è stato la musica della città”, ha scritto Jacques Lacarrière, grande studioso della grecità, vincitore del Grand Prix de lʼAcadémie française.
Praticare il rebetiko oggi è riconoscersi nellʼascolto di una musica mistikì, nascosta e alternativa rispetto alla globalizzazione delle proposte contemporanee; è un modo di riconoscere gli amici e di resistere contro ogni forma di omologazione.