Presentazione congiunta delle riviste The Passenger Palestina e Gli Asini n. 112, che ha al suo interno un focus dal titolo La terra promessa.
Ne discuteranno:
- Elisabetta Bartuli, dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, che si occupa di letteratura araba contemporanea
- Giulia Sudano di Assopace Palestina
- Francesca Biancani, professoressa in Scienze politiche a Unibo
- Marco Agosta, della redazione di Th Passenger
Saranno presenti anche alcuni membri della redazione de Gli Asini.
The Passenger - Palestina
«Unisci i puntini per riconoscere il mostro» suggerisce Amira Hass, giornalista israeliana trapiantata in Cisgiordania, in una lucidissima analisi dell’occupazione delle terre palestinesi conquistate da Israele nel 1967. Se la frammentazione dello spazio fisico con muri, strade, insediamenti e posti di blocco è parte integrante della strategia usata dallo stato occupante per tenere la Palestina sotto il proprio controllo, è attraverso l’accumulo e la giustapposizione di storie individuali e collettive che la sofferenza e i danni inflitti vengono fuori in tutta la loro entità. I puntini da unire in questo volume sono cronache di vite palestinesi: a Ramallah, a Gaza, a Gerusalemme, a Jenin, a Hebron, in Israele, nella diaspora. Raccontano modi diversi di vivere l’occupazione e di resisterle: c’è chi, ritrovandosi coloni israeliani nella propria casa, la sente sulla propria pelle ogni giorno e chi, costretto all’esilio, ne perpetua il ricordo nella memoria e nella letteratura. Ci sono le donne che alle pene dell’occupazione devono aggiungere quelle di una società conservatrice e ultrapatriarcale. C’è una generazione che ha conosciuto la speranza di una possibile soluzione del conflitto, e un’altra – gli oltre due terzi della popolazione palestinese che ha meno di trent’anni – che alla firma degli Accordi di Oslo nel 1993 non era ancora nata e per tutta la vita ha conosciuto solo l’occupazione e il soffocante governo sempre più autoritario (e sempre meno efficace) dell’Autorità nazionale palestinese, per non parlare di quello di Hamas a Gaza.
Gli Asini
Siamo stati messi brutalmente di fronte a due avvenimenti destinati a mutare lo scenario internazionale, a compromettere la nozione di diritti umani, a porre le coscienze di fronte a un bivio. Dapprima l’eccidio di ebrei perpetrato da Hamas, seguito da una atroce vendetta di Israele, un vero e proprio sterminio di civili palestinesi condotto insieme alla sistematica distruzione di città, villaggi, scuole e ospedali e da un esodo di massa forzato. Le istituzioni internazionali sono paralizzate da un indigeribile miscuglio di interessi geopolitici, subalternità ad alleanze internazionali, incapacità di agire, indifferenza.
Di fronte a tutto questo forse davvero non ci sono più parole. Ma cosa può fare una rivista, che di parole vive?
Abbiamo recuperato le lungimiranti riflessioni di Edward Said sul “diritto al ritorno” e l’appello accorato lanciato dallo storico Benjamin Cohen agli inizi degli anni ’80 contro la liquidazione dei palestinesi da parte degli israeliani, riletto dalla figlia Raya. E abbiamo scelto di far dialogare a distanza questi autori con voci che si interrogano su alcuni dei nodi problematici del presente che ci paiono essenziali: la disumanizzazione di un popolo (Ruba Salih), l’eredità della Shoah e i suoi usi politici (Levi Della Torre), le insidie del conformismo che si insinua nella rimozione delle cause di ciò che avviene sotto i nostri occhi (Boarelli). Caredda e Pillonca ci guidano nel susseguirsi degli eventi, anche attraverso un’ampia panoramica della stampa internazionale, Donini analizza la crisi dell’Onu e del multilateralismo.